A ∴ G ∴ D ∴ G ∴ A ∴ D ∴ U ∴

“Sic Luceat Lucem”
MASSONERIA UNIVERSALE
LIBERTÀ – UGUAGLIANZA – FRATELLANZA
COMUNIONE ITALIANA
GRAN LOGGIA NAZIONALE DEI LIBERI MURATORI D’ITALIA
(DISCENDENZA 1805)
dato all’Oriente di Roma,
addì 3 Dicembre 2023 E ∴ V ∴
Ven.mo e Pot.mo Sovrano Gran Commendatore,
Ill.mi Fratelli Membri di Gran Loggia,
Risp.mi Maestri Venerabili,
Risp. Fratelli Maestri,
a voi tutti, a tutti i vostri cari, a tutti i nostri Fratelli,
Salute e Prosperità.
Al San Michele d’Autunno abbiamo ripreso i nostri Lavori, con una esortazione ed un ammonimento: l’esortazione di dedicare ad essi maggiore sollecitudine ed alacrità, altruismo e generosità, impegno ed interesse, gentilezza e riguardo; l’ammonimento che la negligenza non è una fatalità.
Oggi, prossimo il San Giovanni d’Inverno, la notte più lunga ed il giorno più breve, il Sole in quiete un istante prima che nuovamente aggiunga luce a luce, e tepore a tepore, oggi si indovina l’arrivo di tempo migliore per il cantiere; oggi, alle porte della Porta del Cielo, che è tempo del tempo che finisce e del tempo che comincia, ed è tempo più propizio all’Opera, oggi è più urgente quella esortazione, ed è più pressante quell’ammonimento.
Fratelli miei, la negligenza non è una fatalità, e l’Opera abbisogna di sollecitudine ed alacrità, altruismo e generosità, impegno ed interesse, gentilezza e riguardo.
Abbiamone cura, dunque, Fratelli miei, che curarsi dell’Opera è curare noi stessi, i nostri Fratelli, i nostri cari, tutti e tutto.
Abbiamo cura, che siamo Liberi, consapevoli e responsabili, e Muratori, che sappiamo costruire: abbiamo cura, che la cura è la forza del nostro fare e la bellezza del nostro essere; abbiamo cura… ma la cura non è coincidenza o caso, essa è fatica e sudore, ed è una scelta.
Una scelta, già…
Bella parola la parola “scelta”: condividendone idealità ed incanto deriva dal greco “haìresis”, “eresia”, che ha ben altro significare rispetto al gravame di cui è stata caricata, bestemmia nel dire e blasfemia nel fare di colui che si discosta dalle “buone ragioni” di una qualsiasi verità, comunque e da chiunque rivelata. Chiunque, e tuttavia uomo…
Scegliamo, dunque, siamo eretici.
Scegliamo, allora, perché siamo eretici.
Scegliamo di scegliere.
Scegliamo per scelta.
Scegliamo, Fratelli miei, scegliamo di scegliere, usando del beneficio del dubbio per amore del cercare, che non vi è verità assoluta: uomini di confine, esploratori dell’inatteso, artigiani del possibile, vestiamo l’abito di chi abita cammini altri rispetto a quelli usati ed abusati dai più, percorsi e ripercorsi senza prezzo di giudizio né compenso di consapevolezza, senza premio di buon esito né contrappunto di risonanza.
E scegliamo per scelta, che non vi è verità indiscussa: lontani per vocazione, perché Uomini liberi, e per chiamata, giacché Uomini di Tradizione, dalla strada del dogma, che non ammette opzione e non consente alternativa, aderiamo (se vogliamo aderire) secondo coscienza e partecipiamo (se desideriamo partecipare) con conoscenza.
Siamo eretici, dunque, e scegliamo di scegliere; ed in quanto eretici, scegliamo per scelta.
Espressione di libertà è la scelta, e curiosità ed immaginazione, creatività ed estro, talvolta genialità: la mente segna in bianco e nero i cartoni preparatori, il cuore li riempie con l’intera tavolozza dei colori, ed ogni tratto e ciascun colore svaniscono nell’armonia di un’unica immagine.
Ed è, la scelta, manifestazione di coraggio, che ce ne vuole ad abbandonare il rassicurante percorso percorso dai più, ed addentrarsi solitari ed incerti nel fitto della boscaglia ad aprire un nuovo sentiero, fatica e sudore, e poi, impegno e costanza, andare avanti, dovunque e qualunque sia la meta e non importa il tempo che ci vuole per raggiungerla.
Siamo eretici, scegliamo.
Scegliamo di scegliere. Scegliamo per scelta.
Avvaliamoci del privilegio della scelta, che siamo Uomini liberi, con la forza di sostenerne l’onere, che siamo Uomini di buoni costumi: la scelta è possibilità, e dona occasioni e dispensa opportunità; ma è anche atto di volontà e, allora, esige serietà e rettitudine, perché incide sul quotidiano di tanti (e se molti o pochi, non importa); ed è responsabilità, e ci pretende pronti e disposti ad abbracciarne le conseguenze, anche se gravose, anche se spiacevoli, che se tali sono non è per difetto d’altro o per colpa d’altri.
La Massoneria, universale, non è universalistica: Tradizione privilegiata, ricevuta da bocca ad orecchio e da bocca ad orecchio tramandata, da tempo immemore, pura e solida, il suo messaggio universale è rivolto ad una élite.
Noi siamo parte di questa élite, Fratelli miei.
Noi siamo quella élite.
Possiamo rallegrarcene, averne vanto persino, tenendo però a mente il monito di Paolo ai Romani: “Se è santa la radice, lo saranno anche i rami. Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo, non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te”.
Possiamo rallegrarcene ma, soprattutto, rami di una radice santa, dobbiamo preservarne la dignità ed esserne degni, e in questo non c’è delega possibile né attenuante ammissibile, non vi è immunità né deroga: meglio rassegnarsi e tornare al mondo profano, piuttosto che esibire una appartenenza formale e superficiale, senza onorarla con l’impegno profondo che le è dovuto.
E siamo parte di questa élite perché, riconosciuti Uomini liberi e di buoni costumi, siamo stati scelti, il che impegna la nostra riconoscenza; e se partecipiamo di questa élite è perché, giurando nelle mani del Venerabile ed al cospetto dei Fratelli, abbiamo scelto, e questo vincola il nostro onore.
Scelti, abbiamo scelto, e non c’è dispensa né eccezione: ci hanno iniziato un giorno ma poi, ogni giorno da quel giorno, sta a noi l’essere iniziati; quel giorno ci hanno mostrato la via, ed ogni giorno da quel giorno sta a noi percorrerla, con rettitudine e con amore: e se la perfezione è riservata a pochi, alla bontà ed all’onestà tutti siamo invece tenuti.
Scelti, abbiamo scelto: di attraversare il confine delle Colonne per apprendere l’“io sono”, Lavoro centripeto dell’Apprendista, e comprendere il “sono con”, Lavoro espansivo del Compagno, che l’io da solo è debole, e “Nessuno può modificare la materia e orientarla verso la perfezione se non ha prima modificato sé stesso”.
Scelti, abbiamo scelto: di varcare la porta del Tempio e lavorare, da ogni Mezzogiorno ad ogni Mezzanotte, attorno e sempre più prossimi al punto esatto di equilibrio tra interiorità ed esteriorità, tra l’Io e l’Altro; per farci ed essere Noi, insieme Maestri d’Opera, unitamente Tempio.
Scelti, abbiamo scelto: di tornare poi al mondo che diciamo profano, arricchiti ed impreziositi, rettificati e perfezionati dal Lavoro con i Fratelli e nella Loggia, e recarvi i frutti dell’individuale affinamento e del collettivo perfezionamento, e in esso rappresentare, a beneficio dell’Umanità, e rappresentarci, ad onore dell’Ordine, come possibili alternative rispetto alle derive materiali e materialistiche, all’impoverimento etico, ad ogni abdicazione morale.
Rispetto all’avanzare apparentemente inarrestabile del buio che spingerebbe a dire “tanto è così che è sempre andato, tanto è così che va ed andrà…”
No, Fratelli miei. No!
Va così e così andrà se rinunciamo ad essere Uomini. E soprattutto va ed andrà così se noi, noi Massoni, élite ed avanguardia modellata nel Tempio, abdichiamo dall’essere modelli di là dalle Colonne.
E saremo modelli per il mondo se persevereremo nel nostro Lavorare, e se lo faremo con sollecitudine ed alacrità ed altruismo e generosità ed impegno ed interesse e gentilezza e riguardo. E la negligenza può essere fatale!
Modelli per il mondo e matrici del mondo: ciascuno di noi, ognuno in ciò che è, ciascuno in ciò che fa.
Ma la Massoneria, quella pura, non ambisce ad essere nella Società, né aspira a restare nella Storia; essa mira a formare Liberi Muratori che siano Uomini nel mondo e che, vivendo il mondo e nel mondo, possano fare la Storia, possano rinnovare la Società.
Non la Massoneria, dunque, che è élite, ma i singoli Massoni, avanguardia fondata sulla Tradizione: essi possono e devono adoperarsi nella Storia, nella Società, nel Pensiero, nella Politica e nella Religione anche, e migliorarli attraverso il metodo praticato ed affinato in Loggia (che la Massoneria è metodo), irrorarli dei propri principi, indirizzarli con l’esempio.
Ed è a noi la scelta: essere Massoni, modelli e forme matrici della Società, ed incidere su di essa; oppure essere riflesso in Loggia dei suoi mali, della sporcizia di una Società secolarizzata nel modo peggiore, che ha accantonato vecchie superstizioni per sostituirle con altre più scadenti, di una Società volgarizzata dalla presunzione e dalla prepotenza, dai preconcetti e dai pregiudizi e dalle prevenzioni, da aspettative e pretese, delusioni e risentimenti, presunzioni e vanagloria.
È a noi la scelta, che siamo Liberi, consapevoli e responsabili, e Muratori, che sappiamo costruire. E ricostruire.
E non servono filosofi o letterati, santi o asceti, benefattori o filantropi, generali o soldati: quelli già ci sono, lo fanno per mestiere ed è mestiere che sanno fare e fanno meglio di ogni nostro maldestro tentativo di emulazione.
La Massoneria è altro da ogni associazione profana, sociale o filantropica, culturale o filosofica, religiosa o politica.
La Massoneria è la Massoneria.
La Massoneria è un’elité.
Ed ognuno di noi è parte di quell’élite; ognuno di noi è quell’élite.
Non serve nulla, Fratelli miei, se non semplicemente essere Fratelli nei Templi e poi (ma solo poi, che non si può essere Massoni se non si è imparato ad essere prima Fratelli) Massoni nel mondo.
Insomma, apprendiamo la Massoneria e pratichiamola, e siamo ciò che siamo: il resto è riempimento.
Scelti, abbiamo scelto, Fratelli miei, di lavorare al nostro ed all’altrui perfezionamento, ed è Opera che comincia da noi stessi, che siamo il terreno su cui sorgerà la Cattedrale, e se fondata su buon terreno essa sarà solida e bella ed utile, ma se costruita sulla melma, tempo ci vuole, sarà melma essa stessa; ed è Opera che seguita, Fratelli tra Fratelli, insieme, nel Tempio: non si può allora restare sull’uscio, un piede dentro e l’altro fuori, timidi ed impacciati ad impacciare ed intimidire il passaggio; non si può restare sulla soglia, che all’aprirsi dei Lavori la porta del Tempio, immancabilmente, inevitabilmente, necessariamente deve essere chiusa; e si chiude.
E chi è fuori è fuori, a proiettarsi nella propria oscurità, a proiettare le proprie oscurità.
E chi è dentro è dentro, ad attingere Luce alla Tradizione ed essere poi, nel mondo che pare incendiarsi, una fragile ma diritta fiammella tesa verso il cielo; ognuno una fiammella, tutti insieme un faro.
Scelti, abbiamo scelto Fratelli miei.
Abbiamo scelto la Massoneria quale compagna e maestra di vita, abbiamo scelto di esserne discepoli, seguaci, alfieri, ed è meglio rassegnarsi alla profanità, rientrarci e tanti saluti, piuttosto che ostentare una appartenenza formale e superficiale, senza onorarla di un impegno profondo.
Scelti, abbiamo scelto di lavorare sotto Squadra e Compasso, e l’una e l’altra parola ci raccontano di persone coese che camminano “con passo” uguale, e praticano e studiano, acquisendo esperienza, facendo esperienza, passando esperienza: adoperiamoci ad essere Massoni, dunque, Fratelli miei, facciamolo insieme, che siamo una Comunione, facciamolo bene, che siamo un Ordine. E facciamolo come deve essere fatto, che siamo Base Simbolica del R.S.A.A. d’Italia, terzo nel Mondo, e portiamo il testimone dei Fratelli che nel 1805 si costituirono in Massoneria Scozzese.
Facciamolo insieme, che l’io da solo è debole, e facciamolo come si deve, che siamo Uomini di Mestiere, e: “Dov’era dunque la verità del mestiere? È nelle tue domande, gli dissero i Maestri. Impara a porre le giuste domande e la pietra sarà morbida sotto le tue dita”.
La Massoneria è una élite, Fratelli miei, e di quella élite facciamo parte, di quella élite siamo parte.
Siamone degni! Diamole dignità!
Siamone degni, che è prossimo il San Giovanni d’Inverno, la notte più lunga ed il giorno più breve: il Sole in quiete un istante prima che nuovamente aggiunga luce a luce, e tepore a tepore, e darà tempo migliore al cantiere.
Diamole dignità, che siamo al cospetto di Janua Coeli, il tempo del tempo che finisce e del tempo che comincia, e sarà tempo più propizio all’Opera, e l’Opera abbisogna di sollecitudine ed alacrità, altruismo e generosità, impegno ed interesse, gentilezza e riguardo.
Abbiamone cura, che siamo pellegrini dell’Opera, sedentari e nomadi allo stesso tempo, cittadini non convenzionali, ogni cantiere una opportunità ed ogni confine una possibilità: ci fidiamo e ci affidiamo, e possiamo bussare ad ogni porta; che poi, fidati ed affidabili, ogni porta si apre.
Abbiamone cura, che siamo Liberi, consapevoli e responsabili, e Muratori, che sappiamo costruire. E ricostruire.
Abbiamone cura, che curare l’Opera è la forza del nostro fare e la bellezza del nostro essere.
Abbiamo cura dell’Opera, allora, e voi, Fratelli miei, abbiate cura di voi, dei vostri cari e dei nostri Fratelli. Abbiate cura di tutti e di tutto.
Ad Orientem Romae in Valle Tiberina, sub caelo inclinationi 41° 87’ 85” septentrionalis et
longitudini 16° 16’ 85” orientis, in die III mensis XII in anno (VI)XXII Verae Lucis